Dopo aver affrontato, con una rassegna di workshop, l’argomento del club da un punto di vista socio-culturale, anche l’aspetto psicologico, scientifico ed emotivo ha catturato l’interesse del gruppo, discutendo così il perchè il nostro cervello rispondesse a determinati suoni in un modo, e ad altri con altrettanti stati d’animo.
Ed è proprio dopo aver accumulato questo pacchetto di conoscenze che il gruppo ha sentito la necessità di passare dalla teoria alla pratica: essendo infatti che quasi tutti i componenti, già prima del party, avevano avuto qualche esperienza, tra chi faceva il dj già da qualche tempo, chi militava in una band, chi aveva già qualche piccola esperienza come promoter, dopo anni di workshop a nome Beyond Common Ideas e un po’ di militanza come singoli in queste attività, è venuto naturale voler tradurre intenzioni e propositi in una realtà interamente propria.
Il Touch è stato quindi un grande laboratorio, ma c’è voluto del tempo per arrivare a definire un concept caratteristico ed avere un’idea chiara sulla proposta di party, ma, dopo un po’ di esperimenti, si è giunti al risultato desiderato, grazie anche ad un’evoluzione naturale: un format in cui il dancefloor e l’aspetto musicale restassero centrali e fondamentali, ma nel quale si sarebbero potute inserire sperimentazioni come video-mapping, installazioni e luci, così da creare un’esperienza audio-visiva: connettere suono e immagine.